“Punto anche sull’apprendistato. I tagli non devono colpire la scuola”
Eletta lo scorso 2 aprile in Consiglio di Stato, ha assunto la direzione del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS). La sua azione politica e le idee da sviluppare. Abbiamo intervistato a tutto campo Marina Carobbio.
In campagna elettorale avrà avuto modo di pensare al suo approdo dipartimentale. Quanto il DECS era già al centro delle sue riflessioni?
«Certo, si sapeva che il Dipartimento sarebbe stato vacante e che nel caso di elezione sarebbe stata una responsabilità che avrei potuto trovarmi ad assumere. Anche durante la campagna elettorale avevo iniziato a riflettere sui temi propri del DECS in un’ottica cantonale».
Per anni ha avuto la valigia in mano, facendo la spola tra Berna e il Ticino. Quanto è cambiata ora la sua vita?
«Mi capita di più di essere a casa per cena e non prendo più il treno per Berna ogni settimana. A parte questo, i primi due mesi in Governo e al DECS sono stati molto intensi. Solo due numeri che rendono l’idea: il Dipartimento che dirigo conta 4.750 docenti cantonali e circa 700 funzionari e si occupa di tre vasti settori legati ma ben definiti, ovvero la formazione, la cultura e lo sport».
Ha fortemente voluto un seggio in Consiglio di Stato, ora che l’obiettivo è stato raggiunto è più serena o più determinata?
«Sono serena perché questo lavoro mi piace e mi appassiona, ma sono anche determinata nel portare avanti le idee che ho iniziato ad approfondire. Nel campo educativo, ad esempio, molto si è fatto per la scuola dell’obbligo e altrettanto andrà realizzato per stare al passo con i cambiamenti in atto. Penso anche all’apprendistato. E al settore della ricerca, come quella biomedica, che può offrire opportunità interessanti al nostro Cantone».
Qual è stato il primo approccio con i nuovi colleghi di Governo?
«Già conoscevo i miei colleghi, oggi li ritrovo in un altro ruolo. Sono stata ben accolta, sia nel confronto settimanale istituzionale, le riunioni del Governo, sia in occasioni puntuali su dossier interdipartimentali. Credo ci sia lo spirito giusto per lavorare in un esecutivo che deve porsi obiettivi comuni nell’interesse del Paese».
E il fatto che sia tornata una donna in Consiglio di Stato è stato tema di discussione o magari per lo scambio di qualche battuta informale?
«Assolutamente no. Io però sono molto attenta ai temi relativi alla parità di genere».
L’attribuzione dei dipartimenti è avvenuta senza scossoni e a lei è toccato il DECS del partente Manuele Bertoli. Si è immediatamente buttata nella parte?
«Credo di poter rispondere affermativamente perché, come dicevo, le decisioni non posso attendere; vanno prese con una certa rapidità e questo presuppone un forte e immediato impegno. Vale per ogni consigliere o consigliera di Stato e dunque per me è stato importante capire subito quali sono le esigenze che orbitano attorno al mondo del DECS».
Qual è stata la prima mossa al DECS?
«L’ascolto. Una modalità magari poco eclatante, ma essenziale per capire la complessità dei temi del dipartimento e discuterne con chi vi lavora, con i funzionari e le funzionarie dirigenti e non, le direzioni scolastiche e più in generale i docenti, e poi fuori dai confini dipartimentali, con i settori culturali, associazioni sindacali, scolastiche, studenti e famiglie. Ho già iniziato questo percorso che continuerà dopo la pausa estiva, a iniziare dai collegi dei docenti».
I prossimi mesi saranno caldi, il Governo sarà chiamato a varare una manovra per raggiungere il pareggio dei conti. Nel suo dipartimento e nella scuola ci sono margini di manovra o da subito lei dice «giù le mani»?
«In tutti i Dipartimenti c’è ancora qualche margine di manovra, ma nessun taglio è indolore. Durante la campagna elettorale si sono più volte sentiti appelli alla ricerca delle priorità, alla necessità di evidenziare i temi centrali e fra questi sono stati citati l’educazione e la formazione. Orbene, ricordo che molti, d’ogni partito, hanno anche aggiunto che la scuola necessita di un potenziamento e nuove risorse».
Ma c’è una manovra di rientro che non può attendere. E allora che si fa?
«Le misure di risparmio devono coinvolgere tutti i Dipartimenti, ma bisogna anche tener conto dei problemi e delle sfide che il Cantone deve affrontare. Il mio compito è garantire una scuola di ottima qualità dove vi siano pari opportunità e dove ognuno possa trovare la propria strada per affrontare un futuro sempre più incerto. Senza dimenticare cultura e sport».
Ci saranno puntuali paletti da non oltrepassare?
«Io dico che la manovra finanziaria non dovrà bloccare l’attività e i necessari interventi dello Stato. Oggi siamo confrontati con una diffusa precarietà, un aumento della povertà e delle difficoltà e del disagio giovanile. Situazioni che meritano risposte anche se ci sono delle difficoltà finanziarie. Ne va della coesione sociale del Cantone».
Dalla conduzione durata 12 anni di Manuele Bertoli, alla sua impronta: cosa cambierà?
«Ogni direttrice o direttore ha il suo modo di porsi e di portare avanti le proprie idee. Manuele ha insistito molto sul rafforzamento della scuola dell’obbligo, che oggi va garantito e salvaguardato e ha rafforzato l’inclusione a scuola; il Ticino è oggi considerato un esempio da altri Cantoni che vengono a osservare il nostro modello».
Veniamo alla formazione professionale, non sempre al centro dell’attenzione della politica. È un tema da sviluppare?
«È mia intenzione mettervi l’accento e ampliare così le opportunità per la scelta post obbligatoria, magari in sintonia con gli sviluppi tecnicoambientali in corso. Non solo. Al termine della scuola obbligatoria i giovani e le giovani devono poter facilmente scegliere se continuare gli studi mediosuperiori, oppure indirizzarsi verso un apprendistato o una formazione professionale a tempo pieno. Insomma, la formazione professionale deve raggiungere anche in Ticino il podio che merita».
Dire lavoro significa anche parlare di professioni nuove, quelle ad esempio generate dalla transizione energetica. Lei ci pensa?
«Assolutamente sì, occorre focalizzarsi su nuove professioni e nuovi modi più sostenibili di intendere la capacità produttiva, magari grazie all’economia circolare. Il Ticino può offrire molto».
Il mondo imprenditoriale ha lanciato un monito: il lavoro cambia e quello della scuola non segue il passo. Condivide oppure no?
«Con alcuni attori del mondo dell’economia ho già avuto un primo confronto e altri ne seguiranno per comprendere le loro esigenze. Questa prima fase di ascolto è per me essenziale. Apre il dialogo. Poi verrà il momento del confronto sui progetti. Rispondo alla sua domanda. Non credo alla tesi secondo cui la scuola non sarebbe al passo con i tempi con il mondo del lavoro. La scuola è in continua evoluzione e prepara i giovani a essere cittadini di domani con conoscenze generali essenziali».
Sono più importanti le realtà radicate in Ticino o le aziende che arrivano dall’estero?
«Entrambe. Quelle da noi radicate hanno un forte legame con il territorio. Le piccole aziende vanno sostenute per la formazione di apprendisti, la formazione continua e la riqualifica professionale dei dipendenti rispetto, ad esempio, alle nuove tecnologie. Le nuove aziende devono essere indirizzate e va loro spiegato il nostro sistema duale, cosa significa avere apprendisti e apprendiste e perché è così importante formare giovani».
Parliamo di scuola media: dopo oltre 40 anni di attività più che di cerotti non servirebbe una vera riforma?
«Oltre alla sperimentazione sul superamento dei livelli che partirà a settembre e la necessità di una riflessione su come introdurre il tedesco in prima media così come deciso dal Parlamento, considerando che non si può aumentare a dismisura il carico di studio per allieve e allievi di 11 anni, si deve certamente riflettere su come la scuola deve poter continuare a svolgere al meglio suo compito educativo».
Perché nella scuola c’è tendenza a conservare piuttosto che innovare?
«Non credo sia così. Nel mondo della scuola ci sono molte persone che hanno voglia di innovare. È un mondo vasto e in continua evoluzione. Io sono molto fiduciosa».
I docenti sono figure importanti per l’istruzione dei nostri figli. Ritiene che formazione e predisposizione a lavorare con i ragazzi ( alle Medie e anche successivamente) funzionino?
«Ho incontrato i direttori del Dipartimento formazione e apprendimento e della Scuola universitaria per la formazione professionale per capire come si considerano temi come digitalizzazione, intelligenza artificiale, ma anche le questioni di genere e la formazione sui comportamenti inadeguati. Noto che i docenti della scuola sono sempre più confrontati con una serie di compiti che si sommano a quelli dell’insegnamento. Compiti che definirei trasversali e per i quali occorre essere preparati. Si può fare di più».
La scuola è un campo nel quale la sindacalizzazione è diffusa: questo elemento frena o sprona a migliorare?
«Una forte sindacalizzazione, dal mio punto di vista, e anche da esponente socialista, è arricchente e proprio per questo intendo tenere aperto il dialogo con questa importante realtà. Stiamo parlando di una risorsa, di un luogo di confronto necessario anche alla democrazia».
Il suo predecessore si è spesso scontrato con il corpo docente. E abbiamo visto che ciò che questi non vogliono, mai passerà. Come farà ad entrare in sintonia con loro?
«Torniamo alla questione del dialogo che però, ne sono certa, c’era anche prima di me».
Veniamo alla cultura: cosa c’è da migliorare?
«È un settore importante, utile a tutti, anche a chi non ne è sempre consapevole. Vi è l’attività istituzionale, viva ed eterogenea. Poi c’è il mondo culturale indipendente che va riconosciuto, anche a livello finanziario. Ho iniziato a discutere con alcuni operatori di quest’ultima realtà per condividere delle linee guida, per individuare criteri chiari e affrontare l’esigenza di spazi che è sempre più manifesta».
Concludiamo con lo sport, quella «S» che nella politica si vede poco. È d’accordo?
«Oltre allo sport professionistico, che tanto fa sognare tifose e tifosi ticinesi, occorre prestare attenzione anche allo sport popolare. Il Cantone ha spazi e infrastrutture da mettere a disposizione dei cittadini. C’è poi il tema a me caro dell’etica nello sport, ambito del quale mi ero occupata a Berna. Anche in Ticino bisogna capire come stanno le cose e se si può fare di più per proteggere contro la violenza, la discriminazione e le lesioni della personalità in ambito sportivo».
Intervista di Gianni Righinetti apparsa sul Corriere del Ticino il 22 giugno 2023.