Berna legge Dante
Sabato 26 ottobre ho partecipato all’evento “Berna legge Dante” organizzato dall’Ambasciata italiana in occasione della XIX Settimana della lingua italiana nel mondo. Ecco il saluto iniziale che ho tenuto:
Egregio Signor Ambasciatore,
Gentili Signore, egregi Signori
Con grande piacere partecipo oggi a questo evento nell’ambito della “settimana della lingua italiana nel mondo”. “L’italiano sul palcoscenico” è il tema scelto quest’anno per la 19esima Edizione della Settimana della Lingua Italiana nel mondo, un titolo che calza a pennello. È vero che l’italiano, dal profilo puramente numerico e di diffusione geografica nel mondo, è una lingua di nicchia. Ma è anche vero che l’italiano si presenta prima di tutto come una lingua di grande tradizione culturale, legata all’arte, alla musica, al turismo, alla letteratura – una lingua… da palcoscenico. L’italiano è inoltre più che una lingua. È una cultura, un modo di vivere, un’identità. È allo stesso tempo una colonna portante certamente dell’Italia, ma anche della Svizzera e di quei milioni di italiani che vivono sparsi nel mondo. L’italiano è ciò che ci accomuna pur trovandoci in diverse parti del mondo. Un bene comune da difendere e rafforzare per utilizzarlo in maniera consapevole in modo da percepire gli effetti che l’utilizzo della lingua ha sugli altri e nella società odierna.
Uno degli elementi principali per il mantenimento dell’identità di un Paese è appunto la lingua. In un paese come Svizzera questo sembra di primo acchito un problema, con il rischio che si creino delle divisioni tra le varie regioni linguistiche. In particolare pensando alla distribuzione numerica iniqua delle lingue ufficiali, con il tedesco indicato quale lingua principale dal 63% della popolazione residente, il francese dal 23% e l’italiano unicamente dal 8%. A ciò si aggiunge anche la frammentazione territoriale dell’italiano, con la metà degli italofoni concentrati nella cosiddetta Svizzera italiana – il Cantone Ticino e parte del Canton Grigioni -, e l’altra metà sparpagliati su tutto il territorio nazionale.
Nonostante questa situazione particolare, o forse proprio grazie a questa situazione, penso che sia la coesione tra i diversi idiomi e culture che faccia la forza del nostro paese. Infatti l’italiano non è solo una lingua, ma una cultura a sé e allo stesso tempo una colonna portante della cultura svizzera. Ognuna delle tre lingue ufficiali elvetiche ha la sua identità e le sue tradizioni, ma è la loro somma che fa la Svizzera. A prescindere dal numero di persone che lo parlano quotidianamente, l’italiano ha quindi la medesima importanza del tedesco e del francese nel definire la Svizzera, la sua cultura e la sua coesione.
Ne risulta che il plurilinguismo e la protezione delle minoranze culturali e linguistiche sono, accanto alla democrazia diretta e al federalismo, fattori centrali dell’identità nazionale. Sono state proprie queste riflessioni ad avermi spinto a voler condurre i dibattiti parlamentari durante la mia Presidenza del Consiglio nazionale in italiano, scegliendo l’italianità e il plurilinguismo quali tematiche centrali a questo mio anno presidenziale. Ora, dopo 4 sessioni ordinarie e una sessione straordinaria, posso trarre un primo bilancio positivo. Come ho già avuto modo di dire non voleva trattarsi di una scelta meramente simbolica; ma una che produce dei cambiamenti che dureranno nel tempo. Penso che questo sia il caso. Negli ultimi mesi è capitato più volte che mie colleghe e colleghi del Consiglio nazionale, così come collaboratrici e collaboratori dei Servizi del Parlamento, persone non italofone di madrelingua, si sforzassero a dire non solo qualche parola in italiano, ma anche a partecipare a riunioni condotte in italiano. Sentire l’italiano tra i corridoi di Palazzo federale, così come il fatto che diverse cittadine e cittadini mi hanno contattato per questioni inerenti alla lingua italiana in Svizzera o semplicemente per esprimermi il loro sostegno, mi riempie di gioia e speranza per il futuro della nostra lingua e cultura.
Come detto sono pure convinta che gli sforzi e il lavoro fatti dai Servizi del Parlamento per promuovere la lingua italiana non si arresteranno al termine della mia presidenza, perché si sono compiuti dei cambiamenti che dureranno nel tempo. Penso al rafforzamento dei corsi di lingue o a nuovi documenti per il lavoro parlamentare tradotti in italiano, novità di questa legislatura. E penso soprattutto a quanto è accaduto nell’aula del Parlamento stesso: durante i primi tre anni di questa legislatura, la media degli interventi in italiano nelle due camere non sorpassava quasi mai l’1 per cento del tempo di parola. Dal dicembre 2018 la parte di interventi in italiano è più che raddoppiata, raggiungendo ora il 2.5% di tutti i discorsi. In altre parole, su un centinaio di ore di tempo netto di dibattito, sotto la cupola federale abbiamo parlato almeno due o tre ore in italiano durante ogni sessione. Un record.
Spero così di aver aumentato a consapevolezza che la diversità, anche quella linguistica e culturale, è una ricchezza e che rispettare le minoranze passa anche attraverso il riconoscimento delle lingue minoritarie, garante di partecipazione democratica.
Gentili Signore, egregi Signori,
Nel 2021 ricorre il 700° anniversario della morte di Dante Alighieri e le celebrazioni si sono però già lentamente avviate – e non solo in Italia. Per questa prestigiosa occasione è stato lanciato dal «Corriere della Sera» il progetto di istituire una giornata dedicata al sommo poeta: penso che dedicare un giorno fisso a Dante e costruirci intorno iniziative mirate sia un modo efficace per dare slancio all’italiano nel mondo e anche nella Confederazione. Dante non è infatti solo una figura di indubbia importanza nella letteratura – la sua “Divina Commedia” viene considerata giustamente come la più grande opera della letteratura italiana -, ma è pure possibile affermare che Dante abbia creato lui stesso l’italiano letterario, in quanto fu il primo a usarlo in modo così ricco e ampio. “Berna legge Dante” si chiama l’evento di questa sera. Sì, ma anche l’Italia legge Dante, così come la Svizzera italiana e decine di migliaia di persone in tutto il mondo. Dante è una figura conosciuta e stimata a livello mondiale, e istaurare un “DanteDi” sarebbe quindi un giusto riconoscimento a ciò.
Dopo che il Presidente del Film Festival di Locarno, il Signor Solari, ha lanciato l’idea, ho sostenuto con entusiasmo la possibilità di realizzare anche un “DanteDi” in Svizzera, per dare la meritata visibilità all’italiano anche nel nostro Paese. Con piacere vedo che sempre più enti e istituti universitari sostengono l’idea: spero quindi proprio che possa realizzarsi. Simili iniziative mi permettono di guardare con speranza verso il futuro. Grazie per l’attenzione e viva l’italiano!